Terzo di quattro figli, 3 maschi e una femmina, vivevamo con i nostri genitori e con nonno Francesco, il papà di mamma
(che morì quando avevo 6 mesi) e forse con mio zio Serafino (almeno un paio d'anni perché poi si sposó e andò a vivere da un altra parte) in una casetta unifamiliare con un giardino in cui sicuramente si trovava un albero di pesche. Erano i primi anni sessanta.
Ecco i pochi racconti che mi riguardano di quel periodo:
1 Che cosa si fa per i soldi!
Viveva accanto a noi un'amica di mamma chiamata Maria 'a marchiciana che per insegnarmi a camminare mi faceva vedere 1 lira e io, piano piano, muovendomi cercavo di prenderla.
Se riuscivo ad arrivare da lei la lira era mia.
2 La mia prima fuga da scuola
Mia madre il primo giorno che mi porto all'asilo mi lascio lì per riprendermi prima di pranzo. Io, dopo un po', non so come, me ne andai dall'asilo e piangendo me ne tornai a casa tutto solo. Ovviamente dopo quella volta mia madre mi lascio a casa e non frequentai più l'asilo. L'anno dopo andai alla prima elementare.
3 La montagna rossa
Questo forse è l'unico ricordo veramente mio di quegli anni: c'era vicino a noi un posto che chiamavamo la montagna rossa dove andavamo a giocare, uno dei giochi era sdraiarsi su un cartone e lasciarsi scivolare sui pendii di quella montagna rossa, probabilmente una collinetta di terra rossastra visto che avrò avuto al massimo 6 anni, dato che, dopo aveli compiuti, ci trasferimmo tutti al Travertino.
Al Travertino
Perchè ci trasferimmo non mi è dato sapere (non ho più nessuno che me lo racconti) ma lasciammo la borgata Fogaccia e andammo in un altro quartiere di Roma, il Travertino, nella terra dei miei nonni paterni.
In una casetta piccina, piccina.
Una casetta di muratura formata da un corridoio, una cucina e una camera da letto.
Il bagno in casa non c'era, era fuori nel piazzale dove c'erano altre casette, un bagno alla turca utilizzato da più famiglie.
Accanto ad una grossa fontana-lavatoio, dove si faceva il bucato.
Ricordo che per lavarci mia madre, dopo aver riscaldato l'acqua, utilizzava una bagnarola.
La via del Travertino dove vivevo era come un piccolo paese composto da una decina di case in cui abitavano tutte persone in qualche modo parenti. Oltre i nonni, io chiamavo tutti zii o zie anche quelli che probabilmente non lo erano.
C'erano case basse e piccole, altre sempre basse ma con più stanze, una ad un piano, in fondo si trovava la casa di mia nonna, la più grande di tutte con tre stanze, dietro alla quale c'era un grande orto che chiudeva la via. Un palazzo antico all'inizio delimitava la strada, il piano sotto era disabitato e in stato di abbandono (con dei misteri che racconterò in un prossimo post), al piano sopra viveva uno zio; la cosa particolare del piano sopra era che in una stanza c'era una porta, che se l'aprivi, ti ritrovavi il vuoto e rischiavi di cadere di sotto, mi raccontarono che quell'ala del palazzo era stata distrutta da un bombardamento durante la guerra.
La via iniziava accanto a quel vecchio palazzo e andando in discesa, sulla destra c'era un muretto che la separava dall'altra strada e sulla sinistra un'altra casa che la delimitava. Alla fine di questa discesa iniziava uno spiazzo più grande lungo un centinaio di metri, sempre delimitato da case o da muretti, che arrivava sino alla casa di mia nonna.
La mia casetta si trovava alla fine della discesa sulla destra di fronte alla fontana.
Quei 5 anni che siamo stati là lì ricordo con felicità anche se per i miei, probabilmente, sono stati faticosi ed economicamente non particolarmente floridi.
Ma noi eravamo bambini ed in quel piccolo "paesino" isolato dalle altre vie giocavamo tra fratelli e cugini, e ci divertivamo spensieratamente.
continua...
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